EVAN PARKER | inaugurazione Auditorium San Giacomo Forlì

Il COMUNE DI FORLI’ inaugura il nuovo spazio SAN GIACOMO – sito in Piazza Guido da Montefeltro – con un programma in cui ha coinvolto AREA SISMICA per 2 concerti d’eccezione:

>>> Evan Parker – sax

In “La Provincia dell’Uomo” Elias Canetti scrisse “Non basta pensare, si deve anche respirare. Pericolosi sono i pensatori che non hanno respirato abbastanza.”. Nella musica di Evan Parker il pensiero e il respiro sono continui, ognuno è parte dell’altro. – Stuart Broomer

In occasione della ristampa di quella pietra miliare della musica che è l’album “Monoceros” e a distanza di 20 anni dall’ultima apparizione sul palco di Area Sismica, torna a Forlì un artista semplicemente leggendario: Evan Parker.

Nato a Bristol nel 1944 ha iniziato a suonare il sassofono all’età di 14. Nel 1962 era uno studente di botanica alla Birmingham University, ma un viaggio a New York, dove vide Cecil Taylor nel trio con Jimmy Lyons e Sunny Murray, sconvolse la sua vita .
“Ascoltai una musica di una forza e intensità tale da segnare il resto della mia vita. Tornai con le mie ambizioni accademiche a brandelli e il sogno disperato di una vita suonando quel tipo di musica – ‘free jazz’ lo chiamavano allora. ”

Nel 1966 si trasferì a Londra, diventando assiduo frequentatore della Little Theatre Club, centro della emergente scena free jazz della città, e fu presto invitato dal batterista John Stevens ad aderire alla Spontaneous Music Ensemble, che stava sperimentando nuovi modalità di improvvisazione di gruppo.
Il primo album inciso con la Spontaneous Music Ensemble fu Karyobin, del 1968, che vedeva, oltre a Parker e Stevens, altre future figure di rilievo: Derek Bailey, Dave Holland e Kenny Wheeler.

Iniziò una collaborazione di lunga data con il chitarrista Bailey, con il quale creò la Music Improvvisation Company e, nel 1970, co-fondò con Tony Oxley l’etichetta Incus Records.
Nello stesso periodo conobbe il bassista Peter Kowald, che lo introdusse nella scena del free jazz tedesco. Fu così che venne coinvolto da Peter Brötzmann nel suo ottetto, con cui incise un album rimasto nella storia: Machine Gun.

Nel 1970 si unì al pianista Alex von Schlippenbach e al percussionista Paul Lovens, un altro trio al limite della mitologia, di cui è ancora membro.

Gli anni ’80 e anni ’90 hanno portato Parker a suonare con alcuni dei suoi primi eroi: ha lavorato con Cecil Taylor in piccoli e grandi formazioni, suonato con Rashied Ali, Ornette Coleman, registrato con Paul Bley.
Famose le sue collaborazioni con Anthony Braxton, Steve Lacy, George Lewis, Roscoe Mitchell, George Lewis e Wadada Leo Smith.
Ha avuto anche contatti con la musica pop, in particolare con Robert Wyatt, Annette Peacock e David Sylvian.

Da sempre attivissimo (appare in oltre 200 registrazioni), ha recentemente creato formazioni in trio, quartetto e settetto con i protagonisti della scena musicale attuale, come Steve Noble, Jonh Edwards o come Alexander Hawkins, Peter Evans e Hamid Drake o Paul Obermayer e Richard Barret.

Anche se ha lavorato a lungo in formazioni grandi e piccole, Parker, forte del suo spiccato virtuosismo, ha sconvolto il mondo della musica per il suo solo al soprano, con cui ha trasformato il linguaggio e le tecniche esecutive, incentrando particolarmente la sua esplorazione nella respirazione circolare.
La musica che ne risulta è ipnotica, un flusso di suono densamente strutturato, che Parker ha descritto come “l’illusione della polifonia”, tanto che molti trovano difficile credere che un uomo da solo possa creare una tale varietà e complessità musicale.
Le prime registrazioni da solista di Parker risalgono a metà degli anno ’70, ma ancora oggi altisonanti penne della musica, come Steve Lake, scrivono “Non c’è ancora qualcosa nella musica, jazz o altro, che assomigli lontanamente a un concerto in solo di Evan Parker”.

Il suo nome è citato da tutti gli ambiti musicali, da quello della classica contemporanea, del jazz, delle scene della improvvisazione più radicale, come una figura fondamentale nella nostra epoca e la sua musica è stata oggetto di numerosi studi, saggi e analisi, portandolo a essere considerato “uno dei più grandi strumentisti viventi della musica” (The Times), “tra i migliori improvvisatori di tutto il mondo” (Chicago Reader) e “una delle voci più originali dell’epoca moderna ” (The Wire).

foto Luciano Laghi Benelli

 

Nei prossimi giorni